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GIOVANNI GUANTI
“Un ricordo per Angelo”

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Benché l'abbia conosciuto di sfuggita nell'agosto 1975, alla Caulera di Trivero, i racconti di molti suoi allievi – in particolar modo dell'allora mio carissimo amico Tiziano Galligani – mi avevano già descritto Angelo aureolato di leggenda: merito sia delle sue doti di didatta e virtuoso, sia di alcuni singolari aspetti caratteriali che, oggi più di ieri, continuano a rincuorarmi perché antitetici a quanto raccomanda l'ormai purtroppo dominante galateo del "politicamente corretto".

Pressoché nello stesso periodo, ossia a meta degli anni  mi parlò di Angelo con affetto e lode Sergio Givone, di tre anni più giovane e suo compagno nell'adolescenza di scorribande poetico-esistenziali tra le risaie vercellesi.

Di Givone io sarei stato poi il primo laureato (nel 1976 all'Università di Torino), non appena le autorità accademiche gli concessero l'idoneità a ricoprire il ruolo di relatore.

Con significativa contropartita, Angelo avrebbe tenuto il 21 ottobre 2014 a Vercelli la laudatio per

Sergio in occasione della sua andata in quiescenza dall'insegnamento universitario; e quest'ultimo, il 17 gennaio 2022, ad Asigliano, avrebbe commemorato Angelo nell'ambito delle sue esequie.

Ai primi memorabilia di Angelo se ne sarebbero aggiunti innumerevoli altri, ne sono testimone auricolare, negli oltre quarantanni della nostra amicizia. Quante risate...“Vedi Giovanni, come sono stato bravo? sono riuscito ad avere un figlio senza dover passare sotto le forche caudine di una donna”; ma anche quanto riflettere, per esempio sulla condanna della "classe media" a condurre - per riprendere una sua felice metafora -un'esistenza sempre più umbratile, “come la cimice dietro la tappezzeria”.

Di questi suoi pensieri, spesso preveggenti e tanto lapidari quanto lapidatori, potrei riempire molte pagine, mi auguro senza mettere in imbarazzo gli editori. Certo è che nell'ottobre 1980 ebbi il primo incarico come docente di Composizione per Didattica al Conservatorio Vivaldi di Alessandria, dove Angelo sarebbe entrato (se ben ricordo) l'anno successivo. Fin dal primo momento - riconosciutici per quello che eravamo:

reincarnazioni del romantico, inappagabile Sucher (esploratore) - cominciarono le tante liturgie dell'amicizia tra colleghi: dalle condivise pause-pranzo all'accompagnarlo al treno o al bus per Vercelli a fine lezioni.

Si discuteva, oltre che di discipline e personaggi eterodossi (numerologia alchimia astrologia Vivekananda Aurobindo...) anche dei "fatti di cronaca" del momento, e questo si protrasse per oltre un ventennio, fino al pensionamento di Angelo e alla mia presa di servizio a Roma3 nel 2005. Si discuteva, soprattutto - come si sarebbe detto nel devoto Medioevo - della salvezza delle rispettive anime, circa la quale non si potevano registrare opinioni più diverse delle nostre. A riprova che l'amicizia, se autentica, non necessita di unanimità su tutto e su tutti, anzi!

Ovviamente, si parlava ai più diversi livelli, di musica e musicisti: ma, in questa sede, mi limiterò a ringraziare Angelo per avermi fatto incontrare e conoscere "anime vive" come Luigi Attademo, Vincenzo Torricella, Franco Cavallone, Luigi Biscaldi e tanti altri suoi allievi di chitarra.

Visto che tengo un diario, per cui posso essere preciso su certe date, ricordo l'unica sfuriata fattami da Angelo, cui risposi come nel mio stile facendo spallucce...

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Era il 6 novembre 1993. La causa? Il mio trattenere troppo a lungo a lezione i suoi ragazzi. Oltrepassati i settanta anni, mi permetto di considerarlo un peccatuccio veniale....

Angelo, da parte sua, continuò a ringraziarmi ripetutamente per averlo "iniziato" al computer e, in particolare, alla notazione musicale digitale, che gli permetteva (benché con timbrica artificiale da principio incresciosa per ogni orecchio musicalmente esercitato) – di farsi almeno un'idea del risultato della sua scrittura.

Anni '90...

Avevo appena allestito pionieristicamente il primo sito web del Conservatorio Vivaldi e, appunto, iniziai Angelo all'uso di Finale della Coda. In seguito, dopo essersi scritto a lungo con gli informatici finlandesi creatori di Sibelius (ora brevetto Avid), Angelo infine convinse anche me - ore e ore di comparazione testa contro testa dinanzi ai monitor – che, per le nostre esigenze, Sibelius era migliore. Così, assai volentieri mi convertii infine alle sue ben motivate ragioni...

Tra le tante "buone azioni" di Angelo in conservatorio, ricordo l'essersi fatto promotore di una class-action, poi firmata da molti colleghi, me compreso, per il riconteggio dei contributi versati all'INPS dal Tesoro di Alessandria.

Ciò non toglie che fossimo concordi nel ritenere la crescente burocratizzazione tecnologica incom-

patibile non soltanto con la salvezza dell'anima ma anche con l'integrità del corpo. Fulcro (per riprenderne un azzeccato titolo) sia del virtuosismo sia di una davvero feconda trascendenza...

Sono stato testimone in conservatorio della sua sagace pazienza con i più indocili ragazzini della scuola media annessa, di fronte ai quali tanti Maestri avevano già gettato la spugna. Angelo ci sapeva fare, e spesso mi invitava nella sua classe per assistere a qualche portento da... domatore di belve! Privi entrambi di patente automobilistica, si celebrava spesso “il cosmo pedonale di provincia”; e, quando i suoi piedi cominciarono a gonfiarsi per ritenzione di liquidi, limitandone le passeggiate, vidi commosso la premura di Alessandro, nuova Maddalena, nel massaggiarglieli.

Come commosso ero rimasto - perché al corrente

dei retroscena della chiamata di Angelo in Conservatorio, voluta con vigore dall'allora direttore e comune amico Carlo Mosso ma avversata da molti (suppongo per invidia, vista la maiuscola "differenza" rappresentata da Angelo, la persona e l'artista, rispetto alla norma)-commosso, dicevo, dal suo esemplare adattarsi a un'ambiente e a una routine professionale tanto diversi da quelli tipici del concertista virtuoso itinerante che era stato, ma senza mai deflettere dalla fedeltà al se stesso più profondo.

Sopraffatto dai ricordi che vanno intrecciandosi e sovrapponendosi, rammento che gli sedevo a fianco nei Consigli di Istituto, fortunatamente (scrive un cultore di Oblomov piuttosto che di Stachanov...) assai più rari negli anni '80 che in seguito; e così fu, per esplicita richiesta di Angelo e con mio divertito stupore, anche il 24 gennaio 2018 nella Sala della Regina di Montecitorio per la presentazione del suo volume “Mario Castelnuovo-Tedesco "Un fiorentino a Beverly Hills”.

“La giacca me la sono messa", gli sussurrai, "ma non la cravatta..." e poi "ancora a far la capretta messa vicino al cavallo propenso a imbizzarrirsi per calmarlo?"...

1 dicembre 2020, giorno nigro lapillo signando.

Angelo mi telefona ad Alessandria per comunicarmi che gli era stato diagnosticato un tumore al fegato. Fu una delle rare volte in cui, in deroga alla sua fermissima convinzione che importante sia l’opera e non l'operaio, ne parlò a lungo. Lui lucido e obbiettivo e coraggioso; io attento soprattutto che avesse consultato e comparato diverse "campane" mediche. Superfluo,

invece, da parte mia l'invito a tuffarsi nel suo lavoro, visto che non ho mai conosciuto nessuno che avesse per esso più dedizione e determinazione di Lui.

Che vi sia tantissimo di metaforicamente autobiografico nel suo lascito didattico e compositivo, e che risulti necessario esplorare l’interazione tra la sua vita e la sua arte per comprenderne meglio il significato, è ovvio ma arduo da dimostrare.

cominciare dalla feconda sinergia tra musica e arti figurative che, a quei tempi, non era ancora entrata come materia di studio nei programmi di conservatorio e che l'intera esistenza di Angelo dimostra essere necessaria e imprescindibile. Ogni mattina, al risveglio, l'occhio mi cade su questa o quella delle sei litografie di Gastone Cecconello che Angelo mi regalò nel giugno 1996 per il mio matrimonio. Dolente che non sia più possibile discuterne ancora insieme su questa terra, spesso ricordo la bizzarra avversione di Angelo per le figure umane o anche soltanto vagamente umanoidi nelle tele dei paesaggisti piemontesi di fine Ottocento che tanto amava e collezionava. Fissandolo negli occhi (quante risate...) gli rammentavo con finta severità che anche Hitler, mancato pittore, amava gli ampi spazi spopolati!

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Infatti, Angelo schivava e schifava in sommo grado quanto attiene alla sfera politico-mondana ed era abilissimo quando serviva a calzare per legittima difesa, fin da giovane, la maschera dell'orso scorbutico. In quella sfera, da che mondo è mondo, rientrano anche i funerali delle "personalità pubbliche", ma il vezzo contemporaneo di accompagnarli con applausi disgustava entrambi, concordi nel dare ragione agli antropologi che spiegano come “il terrore della morte, e soprattutto del suo silenzio, induce a produrre rumori di ogni sorta con funzione apotropaica...”. Lo scrivo perché una causa di forza maggiore, gli esami di profitto da remoto per i miei studenti di Roma3, mi ha fortunosamente impossibilitato a partecipare di persona alle esequie di Angelo. Cosicché, di riflesso, resta intatto quello che rappresentò il nostro ultimo incrocio su questa terra.

Angelo, ai primi di gennaio del 2022, mi chiamò perché voleva la mia opinione sul suo prestare crescente attenzione a determinate sequenze numeriche e alla sincronicità del loro apparire, che a tratti quasi “lo ossessionava”.

Esempio mirabile di self-made man, Angelo aveva il genio - così compendio i decenni di reciproca frequentazione e amicizia - dell'integrazione armonica progressiva delle esperienze e dei valori, senza però rinnegare un solo iota del proprio pregresso. Prova inconfutabile ne sia - e quanto discorrere e scriverci sul tema - il suo tanto prudente quanto coraggioso passaggio dalla composizione per chitarra sola a quella per più chitarre, seguita da lavori per chitarra e altri strumenti (flauto, violino, ecc.) sino alla scrittura orchestrale vera e propria. Lo stesso dicasi per le sue letture in ambito poetico-letterario e filosofico-teologico, allargatisi in cerchi concentrici sempre più vasti. E che dire, infine, della perfetta "integrazione" nel cosmo gilardiniano persino del grande maestro Segovia?

Puntualmente presente nella mia città per il Concorso Internazionale di Chitarra "Michele Pittaluga" e per molti dei relativi convegni, Angelo mi confermò tuttavia nell'impressione - e honni soit qui mal y pense...- che i decenni passati tra le mura di Palazzo Cuttica, sede del Vivaldi, anche per lui erano scorsi via comodamente “come gocce d'acqua sulle penne di un'anitra”. Suppongo assai più durevole l'impronta

dell'importante esperienza spirituale di cui, tra il 10 e il 14 maggio 2000, mi disse a voce e per telefono, e che mi illustrò e confermò de visu l'anno dopo a Vercelli, nel corso dei festeggiamenti per il suo 60° compleanno (17 novembre 2001). Non dubito né che vi fosse predestinato né che ne abbia fatto, come di tutto il resto datogli in sorte, un ottimo uso!

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