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FILIPPO MICHELANGELI
In memoria di Angelo Gilardino

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La premessa era necessaria prima di ricordare la gigantesca figura di Angelo Gilardino. Egli, infatti, è stato uno degli uomini dal più incrollabile ottimismo che abbia mai conosciuto.

Il suo approccio alla musica e alla chitarra hanno seguito una dinamica insolita, che definirei "dall'alto".

Ancora bambino, accompagnando il padre in un viaggio d'affari, ascolta per caso in un cine-teatro di Modena Ida Presti, la più grande chitarrista del Novecento. E pochi anni dopo conosce a Vercelli l'arte chitarristica di Andrés Segovia, forse il più grande chitarrista di tutti i tempi.

Da allora il suo studio e il suo impegno si sono concentrati nel colmare tutte le competenze che gli sarebbero servite per comprendere e proseguire

l'azione di quei due giganti che avevano ispirato la sua giovinezza. Angelo Gilardino non ebbe mai un maestro di chitarra, fu, come Segovia «allievo e maestro di sé stesso».

questa complicata e di solito poco fortunata condizione porta a due soli esiti: il 99 per cento soccombe, l'1 per cento ottiene grandi risultati.

Ma se sul versante musicale Gilardino ha sempre dovuto fare affidamento su sé stesso, nella sua vita personale non ha avuto miglior fortuna.

Diventato orfano di padre a soli 15 anni, ha cercato in fretta e rimanendo sempre concentrato, la propria strada. Quello che ha fatto nella sua vita è sotto gli occhi di tutti: è stato certamente uno dei musicisti il cui pensiero ha maggiormente influenzato la chitarra nella seconda metà del Novecento.

Interprete, compositore, storico della musica, didatta, nella storia delle sei corde non si conosce un uomo che abbia avocato a sé tutte queste competenze, lasciando in tutte un segno indelebile del proprio passaggio.

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Nella mia vita, ormai non più breve, ho conosciuto tantissimi uomini e donne ottimisti e

pessimisti. Per quanto sia impossibile elaborare una statistica, sovente la figura del pessimista è più frequente tra le persone molto istruite e agiate, che hanno alle spalle tanti anni di studio, la cui consapevolezza sui limiti della natura umana è ben pronunciata.

Quando vedono un futuro fosco e dichiarano di avere poca fiducia nei giovani, è impossibile modificare la loro geografia mentale. Rimpiangono un passato che li ha visti felici, un "bel tempo"; dove tutto prometteva il raggiungimento dell'agognata perfezione.

Gli ottimisti, non sempre ma certamente più spesso, si trovano invece tra le persone più semplici, con una giovinezza tutt'altro che da rimpiangere, che li ha visti patire condizioni dure, difficili, dalle quali si sono tirati fuori grazie al loro talento e alla generosità di qualche adulto che ne ha riconosciuto il valore.

La loro consapevolezza è diversa: hanno imparato che dare fiducia al prossimo è il motore del mondo e che i giovani non sono il futuro, ma il presente.

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Ma la stella cometa che ha sempre ispirato la sua vita è stata l'ottimismo. La fiducia verso i giovani per i quali si è speso senza risparmio, verso la sapienza dei compositori che considerava, a ragione, la risorsa più importante su cui potesse contare uno strumento musicale e, infine, la fiducia verso un mondo e un'umanità che potessero sempre capire la bellezza e l'importanza della musica.

Una delle tappe più importanti della sua vita, direi la "svolta", è stato l'incontro, epistolare, con Mario Castelnuovo-Tedesco.

L'ormai anziano grande compositore fiorentino - trasferitosi negli Stati Uniti nel 1939 per scampare alle leggi razziali - nel 1967 scrive al giovane collega italiano, all'epoca appena 26enne, per complimentarsi con lui dopo aver letto un suo articolo su una rivista di musica dove esprimeva un commento alle sue composizioni.

Castelnuovo-Tedesco riconosce il clamoroso talento di Gilardino e incoraggia l'editore Bèrben ad affidargli una collana di nuova musica originale per chitarra.

Per il ragazzo piemontese è la prima importante investitura professionale, un numero sterminato ne illumineranno in seguito la vita e la carriera.

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Ma certo lo slancio che il decano fiorentino ebbe per il giovane maestro vercellese, ha ispirato in Angelo Gilardino la granitica certezza che il compito degli adulti di qualità è riconoscere e aiutare i giovani di qualità.

Ricambiò il sostegno ricevuto da Castelnuovo-Tedesco aiutando tutti i giovani di cui, nel corso della sua lunga vita, riconobbe il talento e la determinazione.

 

Tra i tanti, uno sono stato io. E la mia gratitudine per il maestro, poi diventato amico, Angelo Gilardino è un sentimento che nutrirò per sempre.

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Filippo Michelangeli

Milano, 4 giugno 2023

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Foto: ANDREA CHERCHI
 

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