MOSTRE d'ARTE
GASTONE CECCONELLO
"L'AMICIZIA DI UNA VITA"
17 febbraio . 31 marzo 2024
SANTA CHIARA . VERCELLI
Intendendo raccontare la vita di Angelo Gilardino, delle esperienze che più hanno contribuito a indirizzarne il cammino, e sopratutto di quelle che l'hanno accompagnata per tutto il suo svolgersi, un capitolo di grande rilievo va dedicato all'amicizia che fin dall'adolescenza l'ha legato all'artista Gastone Cecconello.
Angelo e Gastone hanno condiviso passione, ricerca, difficoltà, sogni, gioie e traguardi con costante e intoccabile stima, affetto, vicinanza, rispetto reciproco.
Da giovane lo studio di Gastone era per Angelo luogo dove "rintanarsi" per respirare l'aria di quelle mete e di quegli orizzonti che avrebbe in seguito raggiunto, per studiare e praticare con lo strumento, per confrontarsi con l'amico su tematiche artistiche e culturali, che avrebbero poi rappresentato per entrambi un prezioso arricchimento.
In età più matura Angelo Gilardino non ha mai smesso di visitare lo studio di Gastone Cecconello oltre che come amico come suo estimatore, come appassionato d'arte e infine come collezionista delle sue opere.
Il progetto "Il Legno che Canta" sta costruendo una mostra delle opere pittoriche e delle sculture di Gastone Cecconello, coordinata con immagini fotografiche scattate dal figlio Manuele Cecconello (regista e fotografo di grande sensibilità); la mostra sarà costruita considerando di offrire raffigurazioni artistiche e fotografiche di alcuni temi che hanno ispirato ad Angelo Gilardino la creazione di alcune sue composizioni.
In tal modo l'interazione fra musica, opera d'arte e scatto fotografico potrà offrire al visitatore tutti gli elementi necessari per portarlo in un mondo dove le "note" di Angelo, i "gesti" di Gastone e lo "sguardo" di Manuele giungono a incontrarsi per ridare vita alla stessa "magia".
Gastone Cecconello nasce il 2 marzo 1942 a Vercelli. Suo padre, Pasquale, era un uomo di umili origini, faceva il manovale ed era dotato di grande inventiva: realizzava lui stesso i vestiti dei figli, tagliava loro i capelli, aggiustava scarpe oggetti e mobili. La madre, Salute Tasso, detta Maria, era una donna dal fisico imponente e dalla spiccata arguzia popolare; accudiva la famiglia e facendo i più disparati lavori, anche durante le numerose gravidanze. Pasquale e Maria si erano trasferiti dal Veneto a Vercelli nel 1927.
Gastone era il quinto di sei figli. Due anni prima della sua nascita l’equilibrio famigliare si incrinò a causa della morte improvvisa del fratello più grande, Gastone Primo, che all’età di quattordici anni fu investito da un’automobile. Dal dolore la madre cadde in una grave depressione e, nonostante i ripetuti ricoveri, ritrovò l’equilibrio solo dopo la nascita del suo penultimo figlio, a cui avrebbe dato lo stesso nome del primogenito scomparso.
Lo stanzino che sul finire degli Anni ‘50 Cecconello ricavò dall’abitazione di famiglia in via Gallardi, nel cuore di Vercelli, a pochi passi dal Duomo, sarebbe diventato a poco a poco un vero e proprio circolo culturale aperto agli amici artisti, letterati e musicisti: “Il mio studiolo diventò una vera e propria università che io stesso mi ero creato tra le mura di casa”.
Angelo Gilardino, chitarrista classico e oggi storico musicale e compositore a livello internazionale, ai tempi era il suo vicino di casa. Ricorda Gilardino: “Andavo lì [nello studio di Cecconello] ogni sera a suonare esercitandomi mentre lui lavorava.
Tiravamo spesso le ore piccole senza dire una parola, presi come due ossessi dall’ansia di crescere e di far bene, isolati in una mondo che […] della pittura e della musica se ne infischiava. I rispettivi trambusti ci tenevano reciprocamente svegli. […] Lì fui introdotto dal mio amico alla pittura moderna, da Cézanne a Jackson Pollock […] e io gli feci conoscere la musica del Novecento, da Debussy a Boulez e, come potevo, anche un po’ di poesia moderna” .
“La persona che più segnò la mia formazione umana ed artistica fu Angelo Gilardino, per me fu come una vera università. Nacque una profonda amicizia che dopo sessant’anni è ancora viva”, chiosò Cecconello in una sua memoria.
Nel 1961 visitò la Collezione Thompson in mostra alla Galleria d’Arte Moderna di Torino, dove per la prima volta prese visione dell’opera di Picasso.
Enzo Gazzone . autoritratto
In quegli anni segnati dalla Guerra e dalle gravi ristrettezze economiche, nel 1947 anche a Gastone occorse un grave incidente che lo vide travolto da un’auto proprio nel medesimo luogo in cui il fratello sette anni prima aveva perso la vita. Gastone riportò serie fratture che lo costrinsero in ospedale per più di otto mesi: in quel periodo di infermità gli capitarono per le mani carte di riciclo, pezzi di carbone e mozziconi di matite… e da lì che prese avvio un percorso espressivo che non avrebbe mai subito interruzione.
Quell’incidente lo provò fisicamente e psicologicamente. Per molto tempo lo accompagnò la paura di non poter superare i quattordici anni: “Vissi in uno stato di profonda costernazione convinto che non avrei superato gli anni che visse mio fratello. Ero terrorizzato ogni volta che dovevo attraversare la strada e soffrivo di attacchi di panico.
Trovavo serenità rifugiandomi nel mondo parallelo che mi stavo costruendo: la pittura. Compiuti i 14 anni tutto svanì e tornai a una vita serena. Quando non disegnavo mi recavo in un bosco vicino casa e con le frasche e i rami costruivo capanne dove mi isolavo dal mondo, intagliavo bastoni e inventavo ogni sorta di manufatti”.
A soli dodici anni dipinge un significativo ritratto della madre Maria e comincia a stringere amicizia con altri pittori dilettanti locali, con i quali di tanto in tanto si recava a dipingere en plein air. Ma ciò che allora già lo distingueva era il suo modo di lavorare veloce e istintivo, una padronanza del gesto e della tecnica che, seppure embrionale, prometteva grandi sviluppi futuri.
Già a quel tempo Cecconello andava di continuo alla ricerca di materiali nuovi: dal gesso alle bacche selvatiche da cui ricavare pigmenti, dalla carbonella alla fuliggine… ogni tipo di materia esercitava su di lui un fascino irresistibile. Ma più di tutti cercava i mattoni, per poterli frantumare, stemperare con l’acqua e usarli come colori.
L’influenza picassiana lo porterà più avanti ad abbandonare i suoi primi modelli artistici tra i quali Antonello da Messina, Mantegna e Raffaello, per intraprendere una strada del tutto nuova e farsi interprete della propria epoca: “L’artista è come un sismografo, deve registrare le scosse del suo tempo” amava ripetere.
Il primo a notare il talento artistico di Cecconello fu Enzo Gazzone, allora direttore dell’Istituto di Belle Arti di Vercelli, che lo invitò ad iscriversi ai corsi dell’Istituto, offrendosi di pagare lui stesso la retta. Ma la sua frequentazione alle lezioni del primo anno fu sporadica e durò appena due mesi: i programmi e le esercitazioni del primo anno comprendevano cose che Cecconello aveva ormai acquisito per proprio conto. Il mancato conseguimento del diploma, tuttavia, nel tempo sarebbe diventato un motivo di cruccio. Quasi tutti i suoi compagni di corso avevano proseguito gli studi accademici, chi a Brera, chi all’Albertina, e per supplire a questa carenza formativa Cecconello avrebbe dato il via a un inquieto e forsennato lavoro di ricerca personale.
Nel 1959 il Comune di Vercelli promosse la sua prima mostra personale al Palazzo dei Centori, dove furono ospitate anche le successive esposizioni del 1961 e del 1962. La mostra incuriosì molti, tra gli altri anche il caricaturista e giornalista Francesco Leale, che pubblicò sulla locale testata “Amico del popolo” un seminale articolo che poneva in buona luce l’opera del giovane artista.
Da quel momento tra Leale e Cecconello inizia una reciproca frequentazione. Leale lo invita a frequentare le riunioni del “Gruppo Forme”, che si tenevano tutti i giovedì sera alla Taverna Tarnuzzer, in piazza Cavour. Del gruppo facevano parte anche il professor Carlo Bosio, Renzo Roncarolo e Francesco Donati.
Alcuni dipinti di quegli anni tradiscono una meditazione sull’opera di Guttuso e sull’informale, per esempio l’Autoritratto del 1958 e La Battaglia di galli (1960).
Renzo Roncarolo . autoritratto
Dal 1960 al 1961 è chiamato a prestare il servizio militare. Anche in questo periodo non rinuncia all’arte: realizza ritratti ai compagni e dipinge tele ispirate all’opera di Klee, Kandinsky e Picasso.
Intanto la pittura di Cecconello desta l’interesse di alcuni galleristi vercellesi, che organizzarono due sue mostre personali: nel 1962 alla Galleria d’Arte Viotti e nel 1966 alla Spa Commissionaria.
Dal 1964 Cecconello comincia a prendere confidenza con una nuova tecnica artistica: la fotografia.
Sarà una passione che coltiverà intensamente fino al 1969 e poi sempre più sporadicamente per qualche anno ancora: “Ad un certo punto smisi la fotografia: mi accorsi di voler dipingere con la macchina fotografica”.
Francesco Leale
Cecconello con Mario Pistono e Simon Benetton
Nel 1978, con la mostra di Biella alla galleria “L’uomo e l’Arte” ottenne finalmente la svolta meritata. Vi espose circa 60 opere, tutte di ultima generazione, ottenendo un grande interesse da parte del pubblico e dei collezionisti, mentre importanti critici e galleristi cominciarono a far visita al suo studio in provincia di Biella.
Fu l’inizio del suo riconoscimento anche all’estero: nell’ottobre del 1985 espose all’Università Statale di Amburgo, l’anno successivo a Rotterdam (prima all’Università Statale, poi alla Galleria Trefcentrum), nel 1987 all’Istituto di Cultura Italiana di Vienna e nel 1988 alla Columbia University di New York. In Italia partecipava spesso ai concorsi di pittura a livello nazionale e internazionale, vincendo varie volte il primo premio, come nel caso del 6° Concorso di Pittura Contemporanea a Trivero (nel 1986) e della 20° e 26° edizione della Mostra di Pittura Contemporanea di Santhià, rispettivamente del 1983 e del 1989.
Si dedicò anche alla realizzazione di opere pubbliche, che nel 1980 lo vedono impegnato al Monumento ai Caduti della Resistenza per il 35° anniversario dell’Eccidio di Santhià, mentre nel 1984 realizza la sua più grande opera per dimensioni, 5 x 2,5 m, che venne collocata nella sala consigliare del comune Gaglianico, comune in cui risiedette dal 1978 al 1991.
Mario Pistono, Maurizio Corgnati e Gastone Cecconello.
Nel 1983 vince il primo premio “Gaudenzio Ferrari” al XX Concorso Internazionale d’Arte Contemporanea di Santhià con un dipinto intitolato “Isola”. Nel 1984, per i tipi Adriano Parise Edizioni esce la prima monografia sull’artista. La presentazione è affidata a Mario Pistono, Maurizio Corgnati e Mariano Pieroni. Dal 1985 a casa Parise si organizzano simposi artistici volti alla realizzazione di cartelle di grafica: lì Cecconello è ospite fisso e conosce Daniel Spoerri, Hermann Nisch, Aldo Mondino, Sarenco, Eugenio Miccini, Hadorf, Günter, Costa, Margonari, Nagel e tanti altri protagonisti dell’arte internazionale.
Nel 1986, sulla scia dell’esperienza con i Tectores Errantes, ha l’ennesima intuizione e fonda Bond’Arte. Il decano dei pittori biellesi Celso Tempia trascorreva le sue estati nella casa avita di Bonda, una frazione di Mezzana Mortigliengo, in provincia di Biella, dove Gastone comprò un rustico per la villeggiatura. Il paesino era pressoché disabitato e assai trascurato, ma ben presto, sulla scia dell’entusiasmo di Cecconello e dell’amico Tempia, anche gli altri proprietari avrebbero cominciato a dimostrare interesse all’idea di rivalutare la località. Nel giro di poco tempo Cecconello chiama a Bonda una schiera di amici pittori (tra i quali Luciano Pivotto, Giancarlo Cazzaniga, Antonio Carena, Simon Benetton, Carla Crosio, Albino Reggiori e tanti altri), insieme danno vita a un vero e proprio museo d’arte moderna all’aperto, con più di 150 tra affreschi, e sculture ma anche a un centro di fermento culturale animato da poeti, musicisti e compositori.
Il 5 ottobre del 1987 gli viene conferito il premio “Città di Todi” da parte del cittadino Centro Artistico di attività culturale “Nuova Era”.
Nell’ottobre del 1988 esce, sempre con le edizioni Parise, la seconda monografia, esclusivamente incentrata sull’opera scultorea.
Nel 1989, dopo dieci anni dalla prima mostra, Cecconello ritorna a esporre all’Auditorium di Santa Chiara a Vercelli, con una rassegna antologica che ripercorre tutto l’itinerario della sua produzione.
Grazie al critico d’arte Mario Pistono, nel 1972 Cecconello conosce Adriano Parise, tipografo in Verona, giunto in Piemonte per visitare la Mostra Nazionale di Pittura di Santhià – la più importante a quei tempi in Regione – e scoprire nuovi artisti. Pistono, uomo di cultura a tutto tondo e profondo conoscitore della storia e delle tradizioni locali, era il deux-ex-machina del Premio Santhià; l’amicizia con Cecconello risaliva a qualche anno prima ma aveva già il carattere fraterno che avrebbe sempre accomunato i due. Il progetto di Parise era di pubblicare compendi editoriali commerciali contenenti riproduzioni di opere d’arte contemporanea. Cecconello fu presto incluso nelle raccolte, e questa esperienza avrebbe dato inizio all’ingente collezione d’arte contemporanea di Parise, della quale fanno parte molte opere di Cecconello. Pochi anni dopo Parise fonda la sua casa editrice, a cui Gastone si è sempre affidato per le proprie pubblicazioni.
Le opere di questi anni portano i segni di un ulteriore sviluppo della sua arte: una critica potente nei confronti dell’alienazione e del capitalismo imperante espressa a partire dal 1973 dalla serie dei Businessmen, influenzata dall’impronta stilistica di Francis Bacon.
Il suo amore per la sperimentazione dei materiali porta alla scoperta dell’Ytong, una amalgama cementizia speciale, che gli era stato fatto conoscere dall’amico artista Adriano Nosengo. Con questo materiale leggero, duttile e molto versatile, Cecconello realizzerà quasi tutte le sue opere degli anni successivi e comincerà a sviluppare la sua nuova serie degli “incasellamenti”, detti anche “polimaterici”. Riutilizzando dalle confezioni in legno dell’industria alimentare, Cecconello realizza una serie di piccole celle nelle quali colloca delle figure a mezzo busto modellate con l’Ytong. La parodia dell’essere umano, ormai limitato nella propria libertà e condannato ad essere identificato solo mediante asettiche serie numeriche, emerge plasticamente da queste figurazioni seriali dal sapore arcaico e rituale. Il pensiero di essere considerato più come numero che come uomo lo getta in un’angoscia crescente che lo porta a riflettere sul cambiamento della società e di come gli esseri umani non siano diventati altro che il frutto di una codifica impersonale e massificata. Nascono dunque gli “incasellamenti” della figura umana, dapprima chiusi come tabernacoli e poi aperti come le sezioni di un archivio. Tra il 1976 e il 1977 giunge alla cifra distintiva del suo lavoro.
Negli anni Ottanta si avvicinò all’affresco. Questa esperienza portò alla nascita del gruppo intitolato “Consorteria dei figuranti”, conosciuto anche come i “Tectores Errantes”, formalizzato dal Manifesto scritto da Mario Pistono e firmato l’8 settembre del 1984 da Gastone (che era anche il coordinatore del gruppo), Sergio Alice, Enzo Bellini, Alberto Cropelli, Annibale Follini, Giulio Picelli, Mariano Pieroni, Epifanio Pozzato, Vanni Saltarelli. Il progetto nacque in seguito ai contatti presi con Maurizio Corgnati, il regista televisivo che risiedeva a Maglione, un piccolo centro agricolo in provincia di Torino. Corgnati, che apprezzava molto l’opera di Cecconello, durante uno dei convivi a Maglione, tra il serio e il faceto stigmatizzò l’anonima monotonia del suo paese. Cecconello, insieme a Mario Pistono, propose al regista di intervenire sui muri delle case contadine con affreschi e opere on-site. Il 20 settembre 1983, giorno della festa patronale di Maglione, Reggiori, Trolese, Follini, Cropelli, Alice, Saltarelli, Pieroni, Picelli, Bellini e Carena, con Cecconello in testa, si mettono all’opera per dar vita al ciò che negli anni successivi diverrà il MACAM, Museo di Arte Contemporanea all’Aperto di Maglione. Il successo sarebbe stato tale che per molti anni ancora numerosi altri artisti avrebbero realizzato opere e installazioni per le vie del paese.
Cecconello, insieme alla Consorteria dei Figuranti, continuò a realizzare affreschi in tutto il Piemonte: nel 1983 per il comune di Piane Sesia e a Villa del Bosco; l’anno successivo a Pratrivero e in frazione Mazzucco a Trivero; a Santhià nella Piazza del Comune nel 1989, nella Piazza dei Pittori nel 1997, presso il Mobilificio Bono 2006 e per la Chiesa di S. Agata nel 2002; a Chiaverano nel 1989; ad Acqui Terme nel 1990; a Boccioleto nel 1994; a Crescentino nel 1989 a Caresanablot per la Cappella Martinotti nel 1986; a Prarolo per la tenuta Trebbie nel 1990; a Vigliano per lo stabilimento Gardiman prima nel 1989 e poi nel 2002; a Colognola ai Colli in casa Parise nel 1982; a Salussola sulla porta urbica e sul Museo dell’Oro e della Pietra nel 2005, a casa Tura nel 2008, all’Asilo nel 2008, per lo stendardo della Pro Loco nel 2006, per la risistemazione del fontanin nel 2004; a Bioglio nel 1997 e nel 2000 (dove coordina l’iniziativa e lui stesso raffigura l’incontro di Gesù con la madre); a Romano di Lombardia nel 1997; a Muzzano presso i salesiani nel 2000; a Biella in via Don Minzoni sulla facciata della Casa della Carità nel 2003; a Vergnasco per la scuola materna nel 2005, a Sandigliano per la casa parrocchiale nel 2005; a Cerrione per la chiesa di Magnonevolo nel 2007; a Salasco per il ristorante L’Armistizio nel 2006; a Masserano per la casa Ria; a Cavaglià nel 2008; a Casale Monferrato per la Casa Famiglia nel 2010.
Nel 1991 si trasferisce a Salussola, in provincia di Biella, in una nuova casa con annesso uno studio e un grande magazzino per le opere: “Pensavo che questo studio mi sarebbe bastato fino alla fine della mia vita, ma oggi dopo vent’anni è quasi inagibile”. È un momento importante, tanto che gli dedica perfino la mostra “Trasloco”, alla galleria Il Quadro di Biella (22 novembre – 31 dicembre 1991): “L’ordine asettico – scrive Gilardino – che abitualmente regna nello studio di Gastone Cecconello è stato sconvolto, in queste settimane, dai preparativi dell’imminente trasloco, da Gaglianico a Salussola. Tele e polimaterici, usciti dalla custodia che rigorosamente li stiva e li protegge, sembrano in stato di guerra. È così che li ha colti un gallerista biellese, che da tanto tempo progettava una personale dell’artista”, ricorda Gilardino sulla brochure d’invito.
La mostra aveva al centro dello spazio espositivo un accumulo di tele impacchettate, carte imballate e rotoli pronto per essere caricato, mentre alle pareti tele grondanti di materia e di colore”.
Degli anni Novanta è anche una sua personale al Palazzo della Regione di Torino. Vengono esposte numerose tele ad olio inneggianti alla riscoperta del paesaggio, trasfigurato in magmatiche composizioni a pasta alta. In quell’occasione fa la conoscenza del filosofo e poeta Guido Ceronetti, che si complimenta per la gestualità e la generosità della sua pittura.
Nel 2000 espone alla Galleria Man Arte di Parigi dove presenta le sue Storielle senza titolo: un ciclo di opere con figure in rilievo realizzate con impasti di sabbia, colla e polveri e fondi piatti.
Nel 2002, alla 39° edizione del Premio Santhià, con la Storia infinita, vince il Premio Nazionale Giangiacomo Spadari”.
Quattro anni dopo esponeva alla Maison de la Mer, nella località francese di Cavalaire sur Mer, in Costa Azzurra, una selezione dei suoi cicli più importanti.
Di un anno dopo è un’altra sua importante mostra personale a Gazoldo degli Ippoliti con opere polimateriche realizzate tra il 1995 e il 1997 e curata dall’amico Angelo Gilardino che scrive: “nel rigore della sua rappresentazione, Cecconello moltiplica il potere della sfinge insinuandone la presenza in ogni oggetto, anche il più banale e innocuo, che a volte trova un’anima in un (prima insospettabile) «in sé», a volte l’acquista nelle relazioni che si stabiliscono con altri oggetti, ugualmente (prima) insignificanti” .
Negli ultimi anni tutto il suo lavoro è concentrato sull’incasellamento di oggetti che ruba alla realtà per chiuderli in scatole dal forte sapore metafisico.
Ma, non dimentica la pittura, che ora predilige ampie distese di colore luminoso, abitato da quelle figure stilizzate, che lui stesso ha sempre definito come la parodia dell’uomo, ma ormai ridotto a puro contorno. È l’epoca delle grandi ibridazioni di tutto quanto ha costellato il suo fare creativo: figurazione, arte concettuale, ready-made, polimaterici, divertissement e grandi pitture.