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SERGIO GIVONE
"Ricordo di Angelo"

Sergio-Givone
Angelo dedica a Duarte.jpg

Naturalmente avevamo i nostri autori, e li leggevamo con passione, in un disordine avventuroso che ignorava qualsiasi canone e metteva insieme Garcia Lorca ed Ezra Pound, Baudelaire e Montale. Il nostro problema non era la poesia di Lorca e di Pound, ma come la loro opera ci aiutasse a penetrare il mistero della poesia (e nostro!). Anche la lettura dei grandi scrittori del Novecento, così come l’ascolto della musica classica del Sette e dell’Ottocento, non erano fine a stessi, perché avvenivano all’interno di un progetto, non importa quanto ambizioso o velleitario, che puntava dritto al cuore delle cose. E se oggi, a tanti anni di distanza, mi chiedo che cosa mi abbia portato a dedicarmi alla filosofia, certo non la prima delle mie scelte giovanili, la risposta viene da sé. A torto o a ragione ho pensato che la filosofia mi fosse di aiuto e potesse essere per me uno strumento prezioso.

Non più di questo, però.

Federico Garcia Lorca
ezra pound

A farci incontrare è stata la poesia. Frequentavo il secondo anno del liceo, al Lagrangia di Vercelli, e “La Sesia”aveva pubblicato alcuni miei versi non proprio memorabili, ma Angelo, cui non sfuggiva nulla, neanche tentativi deboli e incerti come quelli miei, li trovò degni di attenzione. Inforcò la motocicletta Gilera con la quale amava sfrecciare a tutta velocità sulle strade delle risaie e venne a Buronzo, dove io abitavo, a dirmi quel che ne pensava. Diventammo amici e la poesia fin da subito fu il principale argomento di conversazione nei pomeriggi in cui andavo a trovarlo nella sua casa di piazza Cavour sotto la torre dell’Angelo (che io credevo si chiamasse così per via del fatto che ci abitava lui). Ci interessava la poesia in sé, la poesia come dimensione spirituale, la poesia come anima del mondo e non la poesia come genere letterario o come espressione storica. Insomma, la poesia e la sua essenza. Convinti che la poesia avesse un suo segreto, una sua verità, interrogavamo questo segreto-verità come se fosse una sfinge in grado di darci risposte sul senso della nostra esistenza. Dalle scienze umane, allora al centro della scena culturale, non ci aspettavamo niente. Tutto invece dalla poesia.

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Intanto la musica rappresentava sempre di più per Angelo il fuoco centrale ed esclusivo della sua vita. Radicale come sempre nel momento delle decisioni più importanti, un giorno Angelo mi indicò una pila di libri e mi chiese se volevo portarmeli a casa. Erano i libri dei poeti più amati e degli scrittori più frequentati. Questi ultimi, specialmente. E fra questi Thomas Mann, anzitutto. Del quale non posso non citare qui il Doctor Faustus, che era in cima a quella pila di libri. Ricordo come fosse ora la copertina, con il celebre autoritratto a pastello di Schönberg, in cui il padre della dodecafonia ha le fattezze allucinate di Adrian Leverkühn. Angelo desiderava liberarsi di tutti quei libri che avevano avuto un ruolo così importante nella sua formazione, ma che ormai non gli servivano più. Voleva però che io me ne facessi carico. E magari continuassi a leggerli per trovare una risposta alle grandi domande, proprio come lui mi aveva insegnato a fare (e come avrei fatto negli anni seguenti fino ad oggi). Quanto a lui, era ormai interamente impegnato a rispondere alla chiamata che lo voleva musicista. Non meno irrecusabile e perentoria, questa chiamata, di quella che Socrate in punto di morte si sentì rivolgere dal suo demone. Non è più il tempo delle parole, disse il demone.

È venuta l’ora di far musica!.

Vercelli - foto andrea cherchi87.jpg

Foto: ANDREA CHERCHI
 

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